Qual è il senso della vita? La risposta in un film?

Qual è il senso della vita? La risposta in un film. Forse.

Cosa siamo noi oggi? Qual è il senso della vita? Cosa ci rappresenta? Cosa caratterizza la nostra persona e la nostra esistenza?

Se non vi siete mai fatti questa domanda, meglio per voi. Se, invece, come me vi ponete questi interrogativi allora questo articolo, che non vuole essere nulla di più di un ragionamento ad alta voce, potrebbe stimolare qualche approfondimento.

Un vecchio film di David Fincher basato sull’omonimo romanzo di Chuck Palahniu, Fight Club – alzi la mano chi non lo ha visto – è incentrato proprio su questo tema: chi siamo davvero e perché siamo schiavi delle nostre cose e, soprattutto, di quelle che non abbiamo? Il materialismo è il significato della vita nei nostri giorni? Quesiti esistenziali che spesso sono alla base di come accettiamo o non accettiamo le nostre esistenze e di come assegnamo un valore a noi stessi. La vita ha un senso, certo, ma quello che ci manca e capire quale sia e quale filosofia della vita abbracciare.

In una delle scene più rappresentate e rappresentantive del film Fight Club, ormai una pellicola cult, Tyler Durden (non vi dico altro perché se non l’avete ancora visto non voglio rovinarvene la visione), afferma:
Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei la canticchiante e danzante merda del mondo.” (Frasi di Fight Club)

Se lo avete visto, credo che in fondo, in un angolino anche molto nascosto della vostra testa, in quel preciso momento avete provato un brivido e vi sarete detti “è vero!”.

E certamente il brivido che avete provato sarà stato un sibilo di liberazione, una sensazione di freschezza e rinnovamento che ha pervaso il vostro corpo, che veniva da dentro: ma si, cosa saranno mai i problemi quando sono riconducibili tutti a cose, oggetti tutto sommato quasi sempre inutili o, quantomeno, superflui?

Ma che bella sensazione, eh? Rendersi conto che denaro, debiti, bollette, auto e telefoni nuovi non ci rappresentano e non ci caratterizzano ma sono solo orpelli è proprio una bella sensazione. Liberi, direi: ci fa sentire liberi.

Ah, un attimo però. È davvero così?

Tutto questo realmente non ci caratterizza e non determina le nostre esistenze e il nostro passaggio su questa terra?

In realtà a ben pensarci – e non da ben pensanti – è proprio così. E non possiamo davvero liberarci da questo.

In quegli anni, parlo della fine degli anni 90, molte economie iniziarono a barcollare e tantissime persone si ritrovarono senza lavoro, senza speranza e senza prospettive in molte parti del mondo.

Questo tipo di messaggio mirava quindi a trasmettere a tanti la sensazione che non fosse tutto finito ma che si sarebbe potuto vivere anche con meno: meno soldi, meno cose, meno orpelli.

Peccato che meno soldi, meno sicurezza, significhi anche meno cura per la salute, meno cibo sulle nostre tavole, meno spazio per la cultura e, di conseguenza, ad una minore qualità della vita.

Per cui quelle emozioni di liberazione furono solo estemporanee e fugaci, senza nessun seguito probabile per nessuno e le domande rimasero lì, senza risposta. Tutti ritornarono quindi alle loro cose, attaccati al materiale.

Ora, a distanza di 25 anni, quelle domande sono ancora aperte e a mio avviso sono anche più complicate: le certezze non sono aumentate, le economie non sono migliorate, il lavoro non è più una garanzia per nessuno. Molti dei poveri di oggi lavorano e sono poveri li stesso.

Lasciamo da parte tutti i discorsi ideologici, chiudiamo gli occhi e ripetiamo a noi stessi:
Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei la canticchiante e danzante merda del mondo.
Ecco, forse solo l’ultima parte della frase è vera.

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