Le 10 poesie d’amore più famose di tutti i tempi

Le 10 poesie d'amore più famose di tutti i tempi

Le 10 poesie d’amore famose tra le più belle di tutti i tempi che vi farò leggere in questo articolo sono una risorsa inesauribile di ispirazione per i cuori romantici. Ognuna di queste poesie contiene parole che esprimono il profondo sentimento dell’amore, catturando l’essenza e la magia di questo sentimento universale.

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La poesia d’amore è sempre stata molto popolare nella letteratura. Sono state scritte in tutte le epoche e in tutte le lingue. Le poesie d’amore possono essere ispirate dall’amore romantico, dalla passione, dalla bellezza, dalla nostalgia, dal dolore, dal rimpianto e dalla speranza.

Molti grandi poeti, da William Shakespeare a Elizabeth Barrett Browning, da Lord Byron a Emily Dickinson, hanno scritto poesie d’amore che sono diventate dei classici e che continuano ad essere lette e apprezzate ancora oggi. Queste poesie hanno il potere di ispirare, commuovere e trasportare il lettore in un mondo di emozioni e sentimenti profondi.

Ecco le 10 poesie d’amore più famose di sempre

  1. Sonetto n. 18” di William Shakespeare
  2. In quanti modi ti amo?” di Elizabeth Barrett Browning (How Do I Love Thee?)
  3. Annabel Lee” di Edgar Allan Poe
  4. Ella in beltà incede” di Lord Byron (She Walks in Beauty)
  5. Porto con me il tuo cuore” di Edward Estlin Cummings (I Carry Your Heart With Me)
  6. Quando sarai vecchia” di William Butler Yeats (When You Are Old)
  7. L’amore non è tutto” di Edna St. Vincent Millay (Love is Not All)
  8. Alla sua amante ritrosa” di Andrew Marvell (To His Coy Mistress)
  9. Il canto dell’amore di J. Alfred Prufrock” di Thomas Stearns Eliot (The Love Song of J. Alfred Prufrock)
  10. “La pulce” di John Donne (The Flea)

Ecco i testi di queste celebri poesie sull’amore e sugli innamorati:

1) “Sonetto n. 18” di William Shakespeare

Dovrei paragonarti a un giorno d’estate?
Tu sei più amabile e più tranquillo.
Impetuosi venti scuotono le tenere gemme di Maggio,
E il corso dell’estate ha fin troppo presto una fine.
Talvolta troppo caldo splende l’occhio del cielo,
E spesso la sua pelle dorata s’oscura;
E ogni cosa bella la bellezza talora declina,
spogliata per caso o per il mutevole corso della natura.

Ma la tua eterna estate non dovrà svanire,
Né perder la bellezza che possiedi,
Né dovrà la morte farsi vanto che tu vaghi nella sua ombra,
Quando in eterni versi nel tempo tu crescerai:
Finché uomini respireranno o occhi potran vedere,
Queste parole vivranno, e daranno vita a te.


2) “In quanti modi ti amo?” di Elizabeth Barrett Browning

Titolo originale “How do I love thee?”

In quanti modi ti amo? Fammeli contare.
Ti amo fino alla profondità, alla larghezza e all’altezza
Che la mia anima può raggiungere, quando partecipa invisibile
Agli scopi dell’Esistenza e della Grazia ideale.
Ti amo al pari della più modesta necessità
Di ogni giorno, al sole e al lume di candela.
Ti amo generosamente, come chi si batte per la Giustizia;
Ti amo con purezza, come chi si volge dalla Preghiera.
Ti amo con la passione che gettavo
Nei miei trascorsi dolori, e con la fiducia della mia infanzia.
Ti amo di un amore che credevo perduto
Insieme ai miei perduti santi, — ti amo col respiro,
I sorrisi, le lacrime, di tutta la mia vita! — e, se Dio vorrà,
Ti amerò ancora di più dopo la morte.

3) “Annabel Lee” di Edgar Allan Poe

Molti e molti anni or sono,
in un regno vicino al mare,
viveva una fanciulla che potete chiamare
col nome di Annabel Lee;
aveva quella fanciulla un solo pensiero:
amare ed essere amata da me.

Io fanciullo, e lei fanciulla,
in quel regno vicino al mare:
ma ci amavamo d’amore ch’era altro che amore,
io e la mia Annabel Lee;
di tanto amore i serafini alati del cielo
invidiavano lei e me.

E proprio per questo, molto molto tempo fa,
in quel regno vicino al mare,
uscì un gran vento da una nuvola e raggelò
la mia bella Annabel Lee;
e così giunsero i nobili suoi genitori
e la portarono lontano da me,
per chiuderla dentro una tomba
in quel regno vicino al mare.

Gli angeli, molto meno felici di noi, in cielo,
invidiavano lei e me:
e fu proprio per questo (come sanno tutti
in quel regno vicino al mare),
che, di notte, un gran vento uscì dalle nubi,
raggelò e uccise la mia Annabel Lee.

Ma il nostro amore era molto, molto più saldo
dell’amore dei più vecchi di noi
(e di molti di noi assai più saggi):
né gli angeli, in cielo, lassù,
né i demoni, là sotto, in fondo al mare
mai potranno separare la mia anima
dall’anima di Annabel Lee.

Mai, infatti, la luna risplende ch’io non sogni
la bella Annabel Lee:
né mai sorgono le stelle ch’io non veda
splendere gli occhi della bella Annabel Lee,
e così, per tutta la notte, giaccio a fianco
del mio amore: il mio amore, la mia vita,
la mia sposa, nella sua tomba, là vicino al mare,
nel suo sepolcro, sulla sponda del mare.


4) “Ella in beltà incede” di Lord Byron

Titolo originale: “She Walks in Beauty”

Ella in beltà incede, come la notte
Di climi tersi e cieli stellati
E tutto quel che v’è di meglio in tenebra e luce
S’incontra nel suo aspetto e nei suoi occhi;
Sebbene addolciti da quella tenera luce
Che il Cielo nega al giorno volgare.

Un’ombra in più, un raggio in meno,
Avrebbero per metà guastato l’indescrivibile grazia
Che ondeggia in ogni ricciolo corvino,
O morbidamente riluce sopra il suo viso,
Dove pensieri serenamente dolci esprimono,
Come pura e cara è la loro dimora.

E su quella guancia e sopra quella fronte
Così morbido e calmo, seppur eloquente,
Il sorriso che conquista, il rossore che brilla
Soltanto raccontano di giorni trascorsi in bontà,
D’una mente in pace con tutto ciò che è intorno,
D’un cuore il cui amore è innocente.

5) “Porto con me il tuo cuore” di E.E. Cummings

Titolo originale: “I Carry Your Heart With Me” 

Porto con me il tuo cuore (lo porto
nel mio) non me ne separo mai (dovunque
vado io vai tu, affetto mio; e qualunque cosa
viene da me soltanto fatto è il tuo fare, amore mio)
non temo
alcun destino (perché sei tu il mio destino, dolcezza mia) non voglio
alcun mondo (perché bellezza sei tu il mio mondo, fedeltà mia)
e sei tu qualunque cosa abbia sempre significato una luna
e quel che un sole sempre canterà sei tu

ecco il segreto più profondo che nessuno sa
(ecco la radice della radice e il germoglio del germoglio
e il cielo del cielo di un albero di nome vita; che cresce
più alto di quanto possa cuore sperare o mente celare)
ed è questa la meraviglia che dissemina le stelle

Porto con me il tuo cuore (lo porto nel mio).

6) “Quando sarai vecchia” di W.B. Yeats

Titolo originale: “When You Are Old”

Quando sarai vecchia, grigia, piena di sonno
e ciondolante accanto al fuoco, prendi questo libro
e leggilo con calma, sogna il morbido sguardo
dei tuoi occhi di un tempo, il loro fondo d’ombra.

Molti hanno amato i tuoi momenti di grazia spensierata
e hanno amato d’amore vero o falso la tua bellezza
ma uno solo ha amato l’anima in te pellegrina
e le pene del tuo viso che cambiava.

In bilico sui ceppi scintillanti, appena triste
riepiloga tu in un soffio com’è fuggito Amore
e di quanto ha sorvolato le montagne
e in che folla di stelle ha nascosto il suo volto.


7) “L’amore non è tutto” di Edna St. Vincent Millay

Titolo originale: “Love is Not All”

L’amore non è tutto: non cibo non acqua
non sonno né tetto contro la pioggia;
nemmeno un’àncora per chi affonda e risale,
e affonda e risale e affonda ancora;
non può dare respiro a un polmone ispessito,
non pulisce il sangue e non salda le ossa rotte;
ma in molti corteggiano la morte, anche adesso,
mentre vi parlo, e solo perché l’amore gli manca.
Immobile per il dolore, in cerca di sollievo,
spinta dal bisogno, da una più antica decisione,
è possibile che un momento difficile
mi spinga a barattare il tuo amore per la pace,
o la memoria di questa notte per un po’ di pane.
Potrebbe essere. Ma non lo farò.


8) “Alla sua amante ritrosa” di Andrew Marvell

Titolo originale: “To His Coy Mistress”

Avessimo abbastanza Mondo e Tempo,
non sarebbe un delitto, Signora, la vostra ritrosia.
Penseremmo seduti a quale strada prendere,
a come trascorrere il nostro lungo giorno d’Amore.
Voi sulla riva del Gange trovereste rubini: io presso
l’onda del fiume Humber mi lamenterei.
Vi amerei fino a dieci anni prima del diluvio,
e voi, se vi piacesse, potreste rifiutarmi
fino alla conversione degli Ebrei.
Il mio amore vegetale avrebbe il tempo
di crescere più grande di tutti gli imperi
e anche più lento.
Cent’anni se ne andrebbero a lodare
i vostri occhi e a contemplare il vostro volto.
Duecento per adorare uno dei vostri seni
e trentamila almeno per adorare insieme tutto il resto.
Un Evo intero per ciascuna parte, e l’ultimo
alfine mostrerebbe il vostro cuore.
Perché senza alcun dubbio, Signora,
questo cerimoniale voi lo meritate, e io non vorrei
amarvi a minor prezzo.
Ma alle mie spalle odo continuamente
l’alato carro del tempo che si avvicina veloce:
e laggiù da ogni parte, davanti a noi,
si stendono deserti di vasta eternità.
La vostra bellezza non sarà più ritrovata;
e non si potrà più udire nel vostro sepolcro di marmo
echeggiare il mio canto: solo i vermi tenteranno
quella verginità a lungo preservata:
e il vostro strano onore sarà mutato in cenere;
tutta la mia lussuria trasformata in polvere.
Certo la tomba è un luogo intimo e bello
ma dubito che qualcuno vi voglia fare all’amore.
Ora, dunque, mentre il colore della giovinezza
si posa sulla vostra pelle come rugiada del mattino,
ora mentre l’anima consenziente
brucia con fiamme importune,
ora finché possiamo godiamoci il piacere;
subito come uccelli da preda amorosi
divoriamo il nostro tempo,
piuttosto che languire nelle sue lente mascelle.
Tutta la nostra energia, tutta la nostra dolcezza
cerchiamo di addensarla in una sola sfera:
gettiamo i nostri piaceri con rude violenza
oltre i cancelli di ferro della vita.
Così sebbene non si possa obbligare il nostro sole
a fermarsi, possiamo tuttavia obbligarlo a correre.


9) “Il canto dell’amore” di Thomas Stearns Eliot

Titolo originale: “The Love Song of J. Alfred Prufrock” 

S’io credesse che mia risposta fosse
A persona che mai tornasse al mondo,
Questa fiamma staria senza più scosse.
Ma perciocché giammai di questa fondo
Non tornò vivo alcun, s’i’ odo il vero,
Senza tema d’infamia ti rispondo.

Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte,
Mormoranti ricoveri
Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d’ostriche;
Strade che si succedono come un tedioso argomento
Con l’insidioso proposito
Di condurti a domande che opprimono…
Oh, non chiedere « Cosa? »
Andiamo a fare la nostra visita.

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.

La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini,
Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
E vedendo che era una soffice sera d’ottobre
S’arricciolò attorno alla casa, e si assopì.

E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare,
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,
E per cento visioni e revisioni,
Prima di prendere un tè col pane abbrustolito

Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.

E di sicuro ci sarà tempo
Di chiedere, « Posso osare? » e, « Posso osare? »
Tempo di volgere il capo e scendere la scala,
Con una zona calva in mezzo ai miei capelli –
(Diranno: « Come diventano radi i suoi capelli! »)
Con il mio abito per la mattina, con il colletto solido che arriva fino al mento, Con la cravatta ricca e modesta, ma asseríta da un semplice spillo –
(Diranno: « Come gli son diventate sottili le gambe e le braccia! »)
Oserò
Turbare l’universo?
In un attimo solo c’è tempo
Per decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà

Perché già tutte le ho conosciute, conosciute tutte: –
Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi,
Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè;
Conosco le voci che muoiono con un morente declino
Sotto la musica giunta da una stanza più lontana.
Così, come potrei rischiare?
E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti –
Gli occhi che ti fissano in una frase formulata,
E quando sono formulato, appuntato a uno spillo,
Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro
Come potrei allora cominciare
A sputar fuori tutti i mozziconi dei miei giorni e delle mie abitudini? .
Come potrei rischiare?
E ho già conosciuto le braccia, conosciute tutte –
Le braccia ingioiellate e bianche e nude
(Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!)
E’ il profumo che viene da un vestito
Che mi fa divagare a questo modo?
Braccia appoggiate a un tavolo, o avvolte in uno scialle.
Potrei rischiare, allora?-
Come potrei cominciare?

Direi, ho camminato al crepuscolo per strade strette
Ed ho osservato il fumo che sale dalle pipe
D’uomini solitari in maniche di camicia affacciati alle finestre?…

Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi

E il pomeriggio, la sera, dorme così tranquillamente!
Lisciata da lunghe dita,
Addormentata… stanca… o gioca a fare la malata,
Sdraiata sul pavimento, qui fra te e me.
Potrei, dopo il tè e le paste e i gelati,
Aver la forza di forzare il momento alla sua crisi?
Ma sebbene abbia pianto e digiunato, pianto e pregato,

Sebbene abbia visto il mio capo (che comincia un po’ a perdere i capelli)
Portato su un vassoio,
lo non sono un profeta – e non ha molta importanza;
Ho visto vacillare il momento della mia grandezza,
E ho visto l’eterno Lacchè reggere il mio soprabito ghignando,
E a farla breve, ne ho avuto paura.

E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Dopo le tazze, la marmellata e il tè,
E fra la porcellana e qualche chiacchiera
Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena
D’affrontare il problema sorridendo,
Di comprimere tutto l’universo in una palla
E di farlo rotolare verso una domanda che opprime,
Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti,
Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » –
Se una, mettendole un cuscino accanto al capo,
Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire.
Non è questo, per niente. »
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Ne sarebbe valsa la pena,
Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne strascicate sul pavimento
E questo, e tante altre cose? –
E’ impossibile dire ciò che intendo!
Ma come se una lanterna magica proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo:
Ne sarebbe valsa la pena
Se una, accomodandosi un cuscino o togliendosi uno scialle,
E volgendosi verso la finestra, dicesse:
« Non è per niente questo,
Non è per niente questo che volevo dire. »

No! lo non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo;
Io sono un cortigiano, sono uno
Utile forse a ingrossare un corteo, a dar l’avvio a una scena o due,
Ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo,
Deferente, felice di mostrarsi utile,
Prudente, cauto, meticoloso;
Pieno di nobili sentenze, ma un po’ ottuso;
Talvolta, in verità, quasi ridicolo –
E quasi, a volte, il Buffone.

Divento vecchio… divento vecchio…
Porterò i pantaloni arrotolati in fondo.

Dividerò i miei capelli sulla nuca? Avrò il coraggio di mangiare una pesca?
Porterò pantaloni di flanella bianca, e camminerò sulla spiaggia.
Ho udito le sirene cantare l’una all’altra.

Non credo che canteranno per me.

Le ho viste al largo cavalcare l’onde
Pettinare la candida chioma dell’onde risospinte:
Quando il vento rigonfia l’acqua bianca e nera.

Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare
Con le figlie del mare incoronate d’alghe rosse e brune
Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.

10) “La pulce” di John Donne

Titolo originale: “The Flea”

Osserva solamente questa pulce, e guarda
che cosa piccola è quella che mi neghi;
Prima, ha succhiato me, e adesso te:
In lei si è mescolato il nostro sangue;
Tu sai che questo non può essere chiamato,
un peccato, una vergogna, uno sverginamento;
Lei però ne trae piacere, ed ha fatto niente più
che nutrirsi di un sangue che era fatto di due,
E questo, ahimè! È più di quanto vorremmo fare.

Oh rimani, risparmia in questa pulce tre vite!
In lei siamo, già, più che sposati.
Questa pulce sei tu, e questo è il nostro
letto e il nostro tempio di nozze.
Nonostante il muso dei tuoi, e te, ci siamo incrociati, —
e chiusi in queste mura viventi di giaietto.
Anche se lo stare con te potrebbe uccidermi,
non lasciare che sia aggiunto questo suicidio,
e sacrilegio, pecchi tre volte, perché ne uccidi tre.

Impulsiva e crudele! Hai già colorato
Di sangue innocente la tua unghia?
Di che questa pulce potrebbe essere accusata,
Se non di quella goccia a te succhiata?
Tu stessa trionfi e trovi che più deboli
non siamo ora io e te. Questo è vero,
quindi impara quanto siano false le tue paure:
Proprio molto onore verrà perduto
– Quando mi darai – quanto di vita
Ti sottrasse il morir di questa pulce.

Che cos’è la poesia d’amore?

La poesia d’amore si è sviluppata nei secoli in diverse forme e stili, spesso celebrando la bellezza e la superiorità delle donne irraggiungibili.

Queste poesie sono state composte in ambienti nobili e raffinati, dove il poeta doveva dimostrare qualità nobili come la sensibilità, l’onore, la generosità e il coraggio per essere degno della donna amata.

La poesia d’amore si è evoluta nel tempo, con il dolce stilnovo che ha visto una donna perfetta e quasi divina, ma sempre come oggetto unilaterale dell’amore del poeta.

Le poesie d’amore sono sempre state un’espressione artistica della bellezza e della passione, spesso composta per l’amore dell’arte e della composizione poetica piuttosto che per l’amore vero e proprio.

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