Amore in ascensore

Amore in ascensore

Mentre fuori l’estate lentamente si allontanava, dentro casa iniziava ad essere più fresco e i temporali improvvisi conditi da tuoni e lampi – che un po’ di timore lo incutono anche alla mia età – portavano con loro quel dolce odore di terra e asfalto bagnati che ho sempre amato.

I temporali, però, portano con sé acqua, a volte tantissima, troppa acqua.

E se hai una casa con un piano interrato può accadere che bombe d’acqua come quelle che il cielo scarica a terra tra agosto e ottobre riescano a scivolare silenziose e sinuose nel terreno e tra le fondamenta e ad infiltrarsi proprio in casa tua.

Questa, però, non è una storia di acqua, ma un altro tipo di storia: è una storia d’amore.

L’acqua si abbatteva fragorosamente su pareti e tetto, sembrava volesse sfondare il soffitto sopra la mia testa e ritrovarsi in salotto con noi, così pensai che fosse meglio andare a controllare il piano interrato per verificare la situazione prima che si trasformasse in un acquario tropicale.

Il piano interrato non era direttamente collegato al nostro appartamento e così, aperta la porta d’ingresso, dissi a mia moglie:

“Vado giù a vedere la situazione” e mi diressi verso l’ascensore che mi avrebbe portato lì.

L’atrio del palazzo era così ampio che sembrava quasi una piazza di paese e c’era tantissima gente che dalla strada aveva cercato riparo all’interno, accomodandosi sulle panchine rivestite di pelle marrone – parevano recuperate dai vecchi treni degli anni ’80 – che erano disseminate su tutta l’area.

Mi trovai improvvisamente al centro dell’atrio, rivolto verso il portone che dava sulla strada, e vedevo alla mia sinistra l’ascensore che avrei dovuto prendere e alla mia destra, seduti su una di quelle panchine con alle spalle una pianta che sembrava un albero, una coppia di ragazzi che guardava insistentemente verso di me.

Dopo qualche secondo di indecisione, mi avviai a chiamare l’ascensore incamminandomi, però, verso la mia destra.

Certamente le labbra così carnose e gonfie della ragazza avrebbero potuto fungere da pulsante per chiamare l’ascensore.

Avvicinandomi alla coppia, loro continuavano a fissarmi, senza espressione, belli, finti e grigi come due cartonati invecchiati.

Appoggiai il mio indice sulle labbra protese di lei e mi girai immediatamente verso l’ascensore, attendendo che si aprisse.

Niente.

Riprovai.

Niente.

A quel punto lui mi disse:

“Sei normale?”

“Certo, sto chiamando l’ascensore! Perché?”

L’ascensore continuava a non rispondere e allora mi incamminai verso le sue porte chiuse per vedere se fosse rotto: in qualche modo dovevo arrivare al piano interrato. Niente mi avrebbe fermato.

Arrivato in prossimità dell’ascensore lo guardai attentamente cercando di capire se ci fosse qualche lucina accesa che segnalasse un guasto: niente, sembrava tutto ok.

A quel punto mi voltai verso la ragazza, lei mi fece l’occhiolino e con grande sollievo l’ascensore iniziò ad aprirsi: il pulsante carnoso non era rotto. Lo sapevo. Anche il ragazzo che era con lei prese a sorridere sollevato.

Le porte dell’ascensore si aprirono molto lentamente, cigolando come se non si aprissero da decenni, e da dentro uscì odore di fumo stantio, cenere e monete vecchie arrugginite.

Non ricordavo come fosse dentro – non lo prendevo dall’anno precedente – e con stupore e anche un po’ di sconcerto mi accorsi che era identico all’ascensore del palazzo di mia nonna.

Dentro c’era una ragazza: ne rimasi folgorato.

I lineamenti del suo viso erano perfetti, aggraziati, dolci: gli occhi scuri e i capelli color petrolio accostati al candore della sua pelle le davano un aspetto sereno e gentile.

Mi sorrise. Mi innamorai.

Si spostò leggermente sulla sua sinistra per farmi spazio proprio vicino alla pulsantiera dell’ascensore.

Entrai e mi sedetti sul sedile posteriore accanto a lei.

Premuto il pulsante del piano interrato, l’ascensore inizio a scendere velocissimo, così veloce che ebbi paura che ci saremmo schiantati.

Sembrava tutto nuovo, come se non fossi mai stato lì dentro, come se non avessi mai preso quell’ascensore a forma di automobile.

All’improvviso l’ascensore si fermò, in piano e provai a guardare fuori dal finestrino per capire dove fossimo finiti.

Lei non era spaventata, aveva la sicurezza di chi aveva usato quell’ascensore più e più volte e sapeva cosa aspettarsi.

Così sbloccò il freno a mano e mi disse di non preoccuparmi.

L’ascensore iniziò a camminare lungo il cortiletto esterno del palazzo, lungo un percorso nascosto tra piante e alberi che, capii in quel momento, erano lì proprio per nascondere alla vista dei condomini il percorso esterno dell’ascensore.

La guardai e per un attimo impercettibile con una espressione sul suo viso mi fece capire che era emozionata.

Mi innamorai senza poterne fare a meno.

Pensai a mia moglie, pensai ai suoi genitori, a come avrebbero reagito.

A quel punto lei capì che esitavo, mi prese la mano e mi abbracciò.

Il suo profumo è la cosa che ancora ricordo, la pelle morbida e vellutata del suo viso accarezzato dalle mie dita fece esplodere i miei sensi e l’emozione fù così intensa che una specie di scossa elettrica mi attraversò dalla testa ai piedi.

Sussultai. Realizzai l’amore. L’abbracciai.

Rimanemmo accoccolati l’uno nelle braccia dell’altra per tutto il tragitto dell’ascensore.

Una volta che l’ascensore fu fermo le porte si aprirono, mi ritrovai catapultato nei tunnel sotterranei del condominio, di fronte alla porta del mio piano interrato, con tubature gocciolanti e arrugginite tutto intorno e avvolto da quell’odore di umido tipico delle cantine.

“Cosa fai lì impalato?”, la voce di mia moglie mi colpì mentre ero totalmente assorto e con gli occhi chiusi e il naso all’insù giravo la testa a destra e a sinistra alla ricerca del profumo di lei.

“Davvero pensavi che le labbra della ragazza sul divano di pelle fossero il pulsante per chiamare l’ascensore?”, incalzò.

Allora era vero, era tutto vero: era stata una incredibile storia d’amore.

Potrebbe interessarti anche...

  • Le 10 poesie d'amore più famose di tutti i tempiScopri le poesie d'amore più famose di tutti i tempi e lasciati trasportare dalle emozioni e dai sentimenti dei grandi poeti della storia.
  • Com'è l'amoreÈ così che dovrebbe essere l'amore: a perdita d'occhio, più chiaro guardando più in là, più in avanti ...
  • La scelta della solitudinePersone, anime, attimi lasciati andare come foglie che cadono, osservandole andare via senza fare nulla. La solitudine come scelta.
  • Il nostro "e poi"Quale è l' "e poi" della nostra vita? Tutto questo amore, tutto questo tribolare, tutta questa malinconia dolce, tutti questi ricordi ...
  • Ridere da soliCome se tutto fosse lì, ancora, su quelle sedie e davanti a quel camino. Ridere da soli. Pensieri, parole, Uomini e omissioni.
ATTENZIONE: introdursi in proprietà private, anche se abbandonate o apparentemente abbandonate, è un REATO e questi articoli non costituiscono in alcun modo un invito ad introdursi in luoghi che possono essere proprietà private. Entrare in luoghi abbandonati, inoltre, è una pratica pericolosa per l'incolumità.