Clamoroso: l’Italia ha triplicato le importazioni di greggio dalla Russia da inizio guerra

Clamoroso: l’Italia ha triplicato le importazioni di petrolio dalla Russia

L’UE doveva abbandonare il petrolio russo? E invece no, l’Italia da marzo 2022 ha triplicato la sua importazione di petrolio dalla Russia. Che l’Italia si muova sempre come un pesce fuor d’acqua su molte situazioni è ormai fatto assodato, da sempre, ma il fatto che l’Italia abbia addirittura triplicato l’importazione di petrolio russo è davvero bizzarro.

Chi dice che l’Italia ha triplicato le sue importazioni di greggio russo?

Certamente non io! Lo dice l’Istituto per gli Studi sulle Politiche Internazioni (ISPI) sul suo sito, trovate qui l’articolo.

L’Italia è passata da essere il sesto importatore europeo ad essere il primo, dall’inizio della guerra!

Come mai, vi chiederete, noi non dobbiamo applicare le sanzioni alla Russia come gli altri?

In linea teorica sì, ma abbiamo un grosso problema: la raffineria ISAB di Priolo, di proprietà della russa Lukoil.

L’italia e il petrolio della russia

Il 23 giugno si è tenuta al Centro Pio La Torre in piazza Santa Lucia a Siracusa un’assemblea pubblica dal titolo “Crisi Isab-Lukoil, quali prospettive?”. La ISAB è un polo petrolchimico che si trova a Siracusa di proprietà della russa Lukoil.

Questa società è fonte di lavoro per tantissime persone e l’embargo al petrolio russo rischia di portare alla chiusura della raffineria.

Nel solo comprensorio di Siracusa si lo stop alla ISAB significherebbe una perdita di 3.000 posti di lavoro, fra diretti e indiretti. E addirittura 10.000 sarebbero i posti a rischio in tutta la Sicilia (fonte: Siracusa News).

Sono utili le sanzioni sulla Russia?

Anche se l’Unione Europea ha raggiunto un raffazzonato accordo sull’ultimo pacchetto di sanzioni che dovrebbe colpire la Russia anche riguardo le esportazioni di petrolio in Europa, a bene vedere non si tratta di un grosso colpo.

Mosca, naturalmente, già si è mossa per trovare vie alternative per il suo greggio

Come mostra il grafico sotto, pubblicato dall’ISPI, dall’inizio della guerra sono calate le esportazioni di greggio verso Europa – non crollate, vista la nostra dipendenza – ma contemporaneamente sono rimasti sostanzialmente stabili i volumi di greggio esportato verso il Mar Rosso (dove ora vendono benzina a 50 centesimi di euro/litro) e addirittura aumentati verso la Cina.

Esportazioni gregio russo via mare per destinazione, fonte ISPI.

In teoria le sanzioni potrebbero funzionare se crollasse il prezzo a cui la Russia è costretta a vendere il suo greggio sul mercato:  considerato che nel 2021 la Russia ha esportato il 45% del suo greggio verso l’Unione Europea, togliendo loro questa fetta di mercato e crollando il prezzo del petrolio sarebbe certamente un danno per i russi.

I dati a disposizione ci danno una brutta sorpresa

Le esportazioni complessive, secondo i dati infatti, non solo non sono diminuite ma sono addirittura leggermente aumentate: nell’ultima settimana di maggio avrebbero sfiorato i 3,6 milioni di barili al giorno contro i 3.4 del 2021.

In sostanza stiamo assistendo ad un effetto di sostituzione: a compensare il calo europeo, la Russia ci ha pensato raddoppiando in poche settimane le esportazioni verso l’Asia.

Inoltre in questo momento il prezzo alto dell’energia sta iniziando a danneggiare l’economia dei paesi europei, ma nessuno tiene presente che i paesi asiatici hanno un altri due vantaggi:

  • Cina, India e gli altri paesi asiatici stanno importando più petrolio di prima e lo pagano anche a prezzo scontato.
  • Questo significa che in questi paesi i costi di produzione collegati all’energia potrebbero addirittura calare, avvantaggiando le loro esportazioni di prodotti finiti a minor prezzo a fronte di minori costi produttivi.

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